MARIO MERZ
La Fondazione Merz presenta la seconda parte della mostra Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favoladedicata a Mario Merz, in occasione del centenario della nascita dell’artista l’1 gennaio 2025, negli spazi della Fondazione a Torino in via Limone 24.
In mostra una selezione di lavori tra installazioni, igloo, tavoli, tele e opere su carta. Alle opere già presenti nel primo allestimento, per questa nuova fase, si aggiungono tre altre opere imponenti in termini di contenuto e di misura.
Il progetto espositivo prende le mosse a partire dal concetto legato alla necessità di individuare la natura profonda che si cela dietro ai modelli per arrivare alla base del pensiero umano, il quale nella sua diversità è definito sempre da leggi che sfuggono allo scorrere del tempo e alla molteplicità degli ambienti. La frase che dà il titolo all’esposizione è stata estrapolata da uno scritto di Mario Merz e si ricollega a questa necessità di guardare alla natura e allo scorrere del tempo per poter raggiungere un senso di leggerezza concettuale, che si ritrova nel nucleo di opere presentate. Nei lavori in mostra vi sono elementi e concetti che si ripropongono e che si legano in un percorso che, citando sempre Merz,mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola…
All’atmosfera onirica e delicata che ha pervaso fino a oggi l’ambiente espositivo irradiato dai riflessi dorati emanati dall’igloo Senza titolo (foglie d’oro), 1997, dalla cera del tavolo Quattro tavoli in forma di foglie di magnolia (1985), esposta in questa occasione per la prima volta in Europa, dalla trasparenza dei vasi di L’Horizont de lumière traverse notre vertical du jour (1995) oltre che dalle opere alle pareti già presenti in mostra, si affaccia un dominante controcanto, dovuto all’installazione di due altri igloo del 1989 e del 2002 e un imponente lavoro pittorico, Geco in casa(1983).
Come un iconico virtuosismo, il pas de deux tra la tela e il coccodrillo con i numeri di Fibonacci, antica presenza in Fondazione, le opere rimbalzano da una parte all’altra dello spazio espositivo collegandosi le une con le altre in un’atmosfera da favola; un apparente disordine in cui cose dal mondo si mescolano e diventano responsabili del loro trasformarsi per riapparire in un’armonica unione.